La salute in pillole

AMNIOCENTESI: GUIDA ALLA SCELTA DEL TEST PRENATALE NON INVASIVO

   
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17 feb. (A.V.)

A cura di: Ufficio Stampa Sorgente Genetica  - Quando si è in attesa di un bambino ci sono tantissime e importanti decisioni da prendere, soprattutto quelle che riguardano la salute di madre e figlio. Adottare uno stile di vita sano, seguire una dieta bilanciata ed equilibrata sono indispensabili per garantire il benessere di mamma e feto, ma non basta. Anche sottoporsi regolarmente a visite ginecologiche e effettuare un test prenatali non invasivi o invasivi come l’amniocentesi, è fondamentale.

I ginecologi raccomandano alle gestanti di sottoporsi ad una serie di controlli standard per monitorare l’andamento della gravidanza. Particolare importanza hanno i test di screening prenatale non invasivi, ​ che permettono ai genitori di sapere in modo precoce (già durante le prime settimane di gravidanza) come sta il loro bambino. Ci sono diversi tipi di esami di screening ma non sempre per i futuri genitori è facile capire quale scegliere per avere risultati attendibili. Vediamo insieme le caratteristiche dei principali test di screening prenatale.

Per scegliere a quali test prenatali non invasivi sottoporsi è necessario intanto valutare quanto precocemente si desidera sapere come sta il proprio bambino. Fra i principali test di screening quello che si può svolgere prima è il test del DNA fetale, al quale le donne si possono sottoporre già a partire dalla decima settimana di gravidanza. Il Bi test e la translucenza nucale invece può essere svolto tra la undicesima e la tredicesima​ settimana, mentre il Tri test si svolge tra la quindicesima e la diciassettesima settimana.

Un altro fattore importante che deve incidere sulla scelta del test di screening a cui sottoporsi è il tasso di affidabilità, ​ che viene misurato sulla percentuale di anomalie genetiche effettivamente rilevate e il tasso di falsi positivi (ossia risultati positivi del test quando in realtà non è presente un’alterazione genetica). Il Tri test ha il tasso più basso pari al 60% circa con una percentuale di falsi positivi che può arrivare fino all’8%.  Per il Bi test, combinato con l’esame di translucenza nucale, il tasso di affidabilità nella rilevazione della Sindrome di Down si attesta all’85%1, con il 5% di risultati falsi positivi. Il test prenatale del DNA fetale ha invece il tasso di affidabilità più alto, del 99,9%2​ ed è in grado di rilevare le principali trisomie fetali e ha una percentuale di risultati falsi positivi minore dello 0,3%. 

Questi test sono esami di screening “probabilistici”, ossia forniscono una percentuale di probabilità per cui il bambino potrebbe avere un’anomalia cromosomica e per tanto non sono diagnostici (in quanto non forniscono una diagnosi certa). Proprio per questo motivo, qualora si ottenesse un esito positivo o incerto, sarà necessario sottoporsi ad esami di diagnosi prenatale invasivi in grado di confermare il risultato del test. Dunque è importante valutare con attenzione a quale test di screening affidarsi: così da ottenere dei risultati attendibili e diminuire le probabilità di dover ricorrere a esami invasivi.

Chiedi consiglio al tuo ginecologo per scegliere il test più adatto. 

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Fonti:

1. Medicina dell'età prenatale: Prevenzione, diagnosi e terapia dei difetti congeniti e delle principali patologie gravidiche ­  Di Antonio L. Borrelli, Domenico Arduini,  Antonio Cardone, Valerio Ventrut

2. Poster Illumina ISPD_2014 Rev A 

 

  






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