La salute in pillole

LA PSICOLOGIA DEI 'FOREIGN FIGHTERS' - MECCANISMI DELLA RADICALIZZAZIONE

   
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20 giu. (Laura Tirloni)


Di Laura Tirloni


Cosa spinge più di 30 mila giovani provenienti da paesi asiatici, del Medio Oriente ed occidentali ad abbandonare le loro vite per andare a combattere, e spesso morire, in un territorio estero? Qual è la molla psicologica che li porta, appena giunti a destinazione, a bruciare i loro passaporti e ad immolarsi con fedeltà alla nuova causa?


Secondo recenti studi, con sempre nuove modalità, l’ISIS continua ad attrarre reclute straniere, che spesso si rivelano anche i soggetti più zelanti (Barrett , 2014).



Per cercare di comprendere a fondo questo complesso fenomeno da un punto di vista psicologico, occorre fare ricorso alle teorie della psicologia classica e contemporanea, che ci mostra chiaramente come e perché le minacce psicologiche interne all'individuo possano tradursi in una difesa aggressiva e in un approccio reattivo.


Riferendoci a più di 30 anni di ricerche in campo psicologico, siamo in grado di affermare che le persone spesso si aggrappano a riferimenti esterni, quali “sistemi di devozione”, per evitare di essere sopraffatte dall’incertezza esistenziale.


Il comportamento estremista, con il suo corollario di verità assolute, sembra infatti in grado di ridurre il senso di incertezza interno al soggetto, sostituendolo con l’impegno verso una causa comune, con conseguente alleviamento dell’angoscia psichica.


Durkheim considerava l’incertezza su cosa fare nella vita piuttosto pericolosa per le persone, visto che poteva portarle al suicidio. Se non sono disponibili relazioni familiari soddisfacenti o norme culturali in grado di suggerire obiettivi di vita, le persone, attraverso il suicidio, sfuggono al peso insopportabile dell’incertezza.


In modo simile, il punto di vista filosofico esistenzialista di Sartre (1956) affermava che l’incertezza derivante dalla libertà e dalle molteplici prospettive fosse in grado di indurre a fuggire dalla coscienza di sé, attraverso l’adesione alle norme di gruppo.



Per questo motivo, persone con una soggettività problematica ed identità deboli, che non vogliono confrontarsi con le loro incertezze interiori, si rivolgono a presunte autorità oggettive esterne e ai dettami di altri potenti, con i quali si fondono, laddove il nemico diventa chi la pensa diversamente.



Inoltre, gli obiettivi e gli impegni radicali comuni possono eliminare altri conflitti individuali, lasciando la persona con la sensazione di maggiore senso, scopo, significato nella vita e convinta di ciò che fa. Infatti, sentirsi delle persone impegnate in campo morale e inserite in un gruppo che la pensa allo stesso modo diminuisce lo stress, anche se questo è causato da altri fattori.


E' da notare come questi punti di vista teorici classici prevedono il collegamento tra conflitti, incertezza, frustrazione e radicalizzazione aggressiva, benché non implicano una forma specificamente religiosa di radicalizzazione aggressiva e tanto meno una prerogativa del mondo islamico.



Ma cosa accade quando queste reclute di gruppi fondamentalisti e terroristici realizzano che le cose non funzionano come immaginato? In base alla teoria sulla dissonanza cognitiva, essi possono addirittura reagire amplificando ulteriormente il proprio zelo. Quando non si sottraggono alla causa, è dunque possibile che i più convinti attivisti di questi gruppi estremisti siano proprio quei soggetti che in realtà nutrono i maggiori dubbi sulla legittimità della causa per cui combattono e muoiono. Ma da presunti eroi.




Dott.ssa Laura Tirloni
Psicologa - Psicoterapeuta
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