La salute in pillole

PSICOPATOLOGIA DELLA SCOMPARSA DEL PADRE NELLA SOCIETÀ ODIERNA

   
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04 ago. (Laura Tirloni)









Di Laura Tirloni


Da un punto di vista biopsicosociale, la psicopatologia a cui assistiamo in questi ultimi anni ha un aspetto profondamente mutato rispetto a quella degli anni passati.



Sono cambiati i sintomi, le sindromi e i tratti di personalità prevalenti: dalle isterie tipiche di qualche secolo fa, siamo passati alle forme nevrotiche ossessive, da queste alle depressioni, quindi agli attacchi di panico, per approdare alle attuali patologie di stampo compulsivo, così frequenti in questi ultimi anni. Parliamo delle ludopatie, dei disturbi alimentari, del cyber-sex, del workaholism e delle varie forme di dipendenza patologica, come quelle da internet fino a quelle affettive.



Secondo alcuni psicoanalisti tali modificazioni sarebbero direttamente ricollegabili al progressivo allentamento, nel tessuto sociale, del freno simbolico esercitato dalla figura paterna.



Una sorta di psicopatologia della scomparsa dell'immagine del padre nella società moderna, che si traduce in un allentamento del freno inibitorio rispetto alle pulsioni istintuali che mirano ad un soddisfacimento immediato.




Secondo la teoria junghiana, l’archetipo paterno incarnerebbe la norma strutturante del desiderio, l’immagine che regola il Super-Io, ossia la funzione morale, incaricata di arginare la spinta al soddisfacimento immediato trasformandola in capacità desiderante.



A differenza del “maschile”, la funzione paterna rappresenta una costruzione sociale e culturale e può quindi essere esercitata anche da altri soggetti: madre, istituzioni, insegnanti, allenatori, politici, religiosi.



Tuttavia, il progressivo degrado della figura paterna all'interno della società odierna ha portato alla più recente e condivisa, oltreché grottesca, immagine del “papi” (pensiamo anche alle vicende politiche degli ultimi anni): un padre evaporato, incapace di svolgere il proprio ruolo limitante, normativo, di arginamento del godimento immediato, fino a tramutarsi esso stesso nell'immagine di un piacere incontinente e compulsivo.



Il paterno sessantottino delle contestazioni studentesche incarnava un padre normativo, autoritario che chiamava il figlio a forme di lotta e di contrapposizione volte al superamento di tale immagine.



Quello a cui si assiste oggi non è un passaggio di consegne tra padri e figli che si sono guadagnati il diritto alla parola, bensì un ribaltamento della logica di responsabilità che da padri evaporati o inadeguati passa direttamente a figli immaturi, incontenibili, incontentabili, intolleranti ai no e alla frustrazione derivante dall'attesa. Ragazzi abituati al “tutto e subito” incapaci perciò di desiderare, di perseguire uno scopo costruttivo a lungo termine. Figli che non intendono superare un'immagine paterna, di per sé già assente, ma che intendono direttamente farne a meno, con tutti i limiti e i sacrifici ad essa connessi.



Le psicopatologie contemporanee caratterizzate dalla compulsione e dall'incapacità a dilazionare il piacere ne sono il chiaro emblema.



Se un padre autoritario può essere abbattuto, un padre istintuale e dedito al proprio godimento non può essere in grado di educare i figli al senso del limite e all'idea che non tutto è possibile.



Una società senza padri equivale a una psiche senza funzione paterna ossia senza le tutele dell'interdizione.



Per fortuna ciò che può valere simbolicamente a livello collettivo non necessariamente vale per tutti i singoli individui appartenenti a quella collettività. Da qui deriva la speranza di qualche figlio in grado di pensare e costruire un nuovo modello paterno autorevole in cui egli stesso possa identificarsi e crescere.



Dott.ssa Laura Tirloni
Psicologa - Psicoterapeuta
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