La salute in pillole

AIDS

L’ AIDS E IL VIRUS HIV

L’AIDS (acronimo di Acquired Immune Deficiency Syndrome o, in italiano, sindrome da immuno deficienza acquisita) è una sindrome clinica connessa al progressivo deterioramento del sistema immunitario e, conseguentemente, alla contrazione di una serie di malattie che interessano, con gravità e rapidità variabili, pressoché tutti gli apparati del corpo umano. Nonostante vi siano ancora alcuni passaggi non del tutto chiariti in merito alla relazione tra AIDS e virus HIV, secondo la stragrande maggioranza dei medici virologi, l’AIDS è il normale quadro clinico che si sviluppa quando diventa sintomatica l’infezione determinata dal virus HIV. Quest’ultimo, una volta introdotto nel corpo umano, inizia ad attaccare e distruggere le cellule dell’organismo e, soprattutto, quelle che possiedono, sulla loro superficie, il recettore CD4 positivo. Gli elementi che vengono maggiormente colpiti sono i linfociti T (anche detti “macrofagi”), i quali non solo diminuiscono inesorabilmente come numero, ma vengono anche gradualmente depotenziati, fino a una loro “disattivazione”: proprio questo drastico indebolimento del sistema immunitario rende il fisico assai vulnerabile rispetto agli attacchi di altri agenti patogeni con cui viene in contatto, determinando, soprattutto nella fase acuta, il susseguirsi di varie malattie, anche mortali, come tumori e meningiti. Il virus Hiv, ascrivibile al genus dei “retrovirus”, può presentarsi sotto forma di uno dei due sierotipi attualmente individuati: mentre il sierotipo 1 è diffuso, seppur con livelli epidemiologici differenti, in ogni continente della Terra, il sierotipo 2 si concentra quasi esclusivamente nell’Africa Occidentale.

L’AIDS E LA TERAPIA C.D. “HAART”

E’ il continente africano che, a causa della contemporanea diffusione di entrambi i sierotipi, delle pessime condizioni igienico-sanitarie e della frequenza di comportamenti a rischio di contagio, fa registrare ogni anno il più elevato numero di persone infette da HIV: basti pensare che oltre il sessanta percento dell’intera popolazione dell’Africa Bub Sahariana ha contratto il virus, per un ammontare di circa ventisei milioni di persone. Per di più, in moltissimi casi, l’esito della sindrome è la morte, dato che nelle zone del c.d. “terzo mondo” è assai scarso l’uso della c.d. “terapia antiretrovirale ad elevata attività” (in sigla nota come “HAART”, che sta per “Highly Active Antiretroviral Therapy”). Nei Paesi c.d. “industrializzati”, fortunatamente, la terapia HAART ha ottenuto, nel corso degli ultimi decenni, risultati sempre più incisivi; è stato possibile, infatti, da un lato, ridurre progressivamente la vitalità e la capacità riproduttiva degli agenti patogeni e, dall’altro lato, stimolare le difese naturali del sistema immunitario umano. Anche se, a tutt’oggi, non è stato ancora sintetizzato un vaccino efficace e resta impossibile riuscire a debellare del tutto il virus, grazie alla terapia HAART si è migliorata e prolungata in maniera considerevole la vita del malato. Sia la qualità che la durata effettiva della vita, dopo che inizia la manifestazione vera e propria dell’AIDS, dipendono da molteplici fattori, tra i quali spiccano la concomitanza con altri agenti patogeni nell’organismo della persona infetta, le condizioni generali di salute di questa e la risposta immunologica della medesima, anche a seguito degli stimoli apportati con le terapie contro l’HIV. Nonostante tali terapie abbiano, in numerose fattispecie, ritardato apprezzabilmente la comparsa del quadro clinico AIDS, in una percentuale non trascurabile di casi, esse hanno fatto registrare, purtroppo, effetti collaterali anche gravi e fenomeni di resistenza ai farmaci.

LA FASE DI INFEZIONE PRIMARIA ACUTA

La prima fase della patologia in esame è in genere definita "infezione primaria acuta " (in inglese “Primary HIV Infection”) e ha inizio a tre-sei settimane dal compimento del comportamento a rischio che ha determinato il contagio. Mentre in molti casi tale periodo è vissuto dal paziente in modo del tutto silente, tanto che costui è spesso ignaro di aver contratto il virus, in altri soggetti (circa la metà) si manifestano una serie di sintomi, dall’intensità assai variabile. Questi, però, fanno pensare normalmente più a una sindrome influenzale, al morbillo (anche perché a volte si formano delle eruzioni cutanee che lo ricordano) o, tutt’al più, a una mononucleosi (la quale pure attacca il sistema immunitario), piuttosto che a un problema di natura ben più preoccupante. I sintomi tipici di questa fase, infatti, sono un rialzo febbrile, mal di testa, diarrea, dimagrimento, herpes zoster, lesioni e piaghe alla bocca, spossatezza, nonché infiammazioni alle prime vie aeree e ai linfonodi, i quali, di regola, appaiono tumefatti. A questi disturbi, in alcuni pazienti, si aggiungono delle patologie virali (per invasione da parte dei c.d. “micro-organismi opportunisti”), dovute principalmente all’abbassamento delle difese immunitarie, determinato, a sua volta, dalla distruzione dei leucociti CD4 positivi. Nel periodo di infezione primaria acuta, nonostante la viremia sia elevata e il numero di proteine “p24” risulti quasi sempre molto superiore alla norma, è raro che sia già possibile riscontrare nel sangue gli specifici anticorpi anti-HIV.

IL C.D. “PERIODO FINESTRA”

Dopo circa un paio di mesi l’organismo inizia a sviluppare gli anticorpi, anche se, in oltre la metà dei casi, è possibile rilevare la presenza di anticorpi (mediante analisi del sangue mirate) a distanza di ben sei mesi dal contagio. Si sente comunemente parlare, in proposito, di “periodo finestra”: ci si riferisce a qui mesi in cui, pur senza sapere con certezza il proprio stato di sieropositività, si è in grado di trasmettere il virus, tramite uno dei comportamenti a rischio che vedremo a breve. Essere sieropositivi, del resto, significa avere nel sangue gli anticorpi anti-HIV, a prescindere dalla presenza o meno di specifici segnali esterni.

LA FASE DI LATENZA CLINICA E IL C.D. “PRE-AIDS”

Appena si formano, gli anticorpi intraprendono contro il virus HIV una disperata battaglia, la quale, nella maggior parte dei casi, si conclude con il raggiungimento di una fase detta “set point” o “latenza clinica”. In tale periodo, che dura circa dieci anni (seppure con ampi margini di flessibilità), la carica dell’agente patogeno HIV viene fortemente depotenziata, fino ad aversi un evidente miglioramento dello stato di salute generale del paziente. Tale benessere, però, è purtroppo solo apparente, dato che il sistema immunitario continua a essere inesorabilmente compromesso, sotto l’azione del virus che, seppure in modo latente, resta insediato nell’organismo. Alla fase di latenza clinica, in genere, segue la c.d. fase “pre-AIDS”, caratterizzata dalla frequente contrazione di virus (di regola piuttosto banali) e da un generale gonfiore ai linfonodi.

LA FASE DI AIDS CONCLAMATO Dopo un periodo di vita che oggi, grazie ai progressi nel settore, è arrivato a circa sedici anni, il paziente infettato sviluppa l’AIDS, ossia inizia ad avvertire i sintomi caratteristici propri di questa terribile sindrome. Questi sono assai variabili, ma i principali sono di tipo neurologico (AIDS dementia complex, toxoplasmosi, meningite etc…) oppure gastrointestinale (tra gli altri, diarrea cronica, gastriti ed esofagiti), nonché varie di forme di polmonite, tubercolosi, herpes simplex ed herpes zoster (detto fuoco di Sant’Antonio), istoplasmosi, citomegalovirus, candidosi e micobatteriosi atipiche, retinite, aspergillosi. Perfino alcune forme di cancro (ad esempio carcinoma invasivo della cervice uterina, cancro al cervello, linfomi e c.d. “sarcoma di Kaposi”) subentrano, non di rado, in questa fase di AIDS conclamato, anche se non è stato ancora bene chiarito il tipo di rapporto tra il virus e le cellule tumorali.
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