ACCUMULO DI ACIDI BILIARI: DA THELETHON UNA POTENZIALE CURA
09 feb. (Valentina Coppola)
Grazie a un team di ricercatori italiani, la colestasi intraepatica progressiva familiare, una rara malattia genetica, potrebbe avere presto una cura. Lo studio, finanziato da Thelethon, in particolare, è stato condotto dal gruppo di ricercatori coordinati da Antonio Moschetta del Consorzio Mario Negri Sud e dall'Università di Bari ed è stato pubblicato a febbraio sulla rivista Gastroenterology. Dallo studio, in particolare, emerge che l'attivazione di un determinato sensore corporeo sarebbe in grado di diminuire gli acidi biliari che tendono ad accumularsi nel fegato soprattutto nel caso dei pazienti affetti da colestasi intraepatica progressiva familiare. Questa patologia rara, in particolare, si manifesta con un blocco del flusso biliare che dal fegato prosegue, normalmente, verso l'intestino. Piuttosto che provvedere alla digestione e all'assorbimento di determinate sostanze nutritive, nei pazienti affetti da colestasi intraepatica progressiva familiare la bile tende a ristagnare nel fegato, intossicandolo e compromettendone a tal punto le funzioni da rendere spesso necessario il trapianto. In buona parte dei casi, inoltre, questa patologia è accompagnata anche dall'insorgenza precoce del cancro al fegato. Nel comunicato stampa informativo, in particolare, Antonio Moschetta spiega nel dettaglio le scoperte raggiunte: «All’interno delle cellule sono presenti dei “sensori molecolari” che, in presenza di grassi, si attivano e si legano al Dna, determinando così l’accensione o lo spegnimento di specifici geni. Tra questi, la proteina Fxr regola l’attività di geni necessari a orchestrare il flusso fisiologico della bile: quando gli acidi biliari arrivano nelle cellule dell’intestino, Fxr si attiva e stimola la produzione di un ormone che, attraverso il sangue, arriva al fegato e gli segnala di diminuire la sintesi degli acidi biliari, di cui non c’è più bisogno e che altrimenti sarebbero tossici. Nella colestasi, l’interruzione del flusso di bile dal fegato all’intestino fa perdere questo controllo ormonale». Per quanto riguarda i risultati ottenuti con lo studio effettuato, il ricercatore continua affermando: “I nostri risultati suggeriscono che “accendendo” Fxr nell’intestino attraverso specifici farmaci si può promuovere l’eliminazione degli acidi biliari nel fegato dei pazienti affetti da colestasi, proteggendoli così dal danno epatico e ritardando, se non evitando del tutto, la necessità di trapianto di fegato. Fra i farmaci in grado di attivare Fxr, alcuni sono già in fase di sperimentazione clinica per la cura di un’altra malattia del fegato: questo è importante perché può facilitare il loro utilizzo anche per la terapia della colestasi intraepatica progressiva familiare». |
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